Presentato in esclusiva regionale con la partecipazione di Emilia Verginelli, “Da lontano” apre al tentativo di una figlia adulta, diventata psicoterapeuta, di fare ciò che non ha potuto fare quando era bambina: aiutare la madre tormentata, infelice, fragile che la accudiva come poteva nel difficile compito di essere e fare il genitore.
La figlia, allora impotente di fronte al dramma della madre, con i nuovi mezzi a disposizione grazie alla professione intrapresa, desidera mettersi a disposizione di quel genitore dolente che ha conosciuto da bambina, senza però che se ne accorga.
In questa sua nuova creazione Lucia Calamaro ha messo tutta la pietas di cui il teatro è capace di farsi portatore, un testo meraviglioso che si apre delicatamente, e al tempo stesso spietatamente, sul mondo femminile, sfregiato da una società oppressiva e giudicante, che impone alla donna ruoli limitanti, nei quali ella si sente in trappola, fino a non riconoscersi più e a impazzire.
Uno spettacolo sul rimpianto, ma anche sull’ascolto, sul perdono e sulla comprensione di un’anima che non ha i mezzi per reagire alla propria realtà, rimanendone schiacciata. Isabella Ragonese interpreta questo acuto monologo mettendosi a servizio del testo, mescolando magistralmente il registro comico e lo stile intimo fondato sulla memoria e su ciò che resta dei dispiaceri e dei problemi dei genitori, trasformando lo spettacolo in uno sguardo di rara delicatezza e profondi rispetto e comprensione.
“Quanti di noi, da piccoli, hanno assistito impotenti ai drammi degli adulti amati? Quanti avrebbero voluto intervenire? Quanti avrebbero voluto aiutare, capire, in fondo salvare quegli adulti amati. E quasi mai si può – sottolinea Lucia Calamaro, che spiega – Tra i desideri incompiuti che abitano un’esistenza, ogni tanto fra i desideri impossibili fa capolino quello di psicanalizzare quel genitore dolente che abbiamo conosciuto da bambini, avendo i mezzi e gli strumenti per farlo e per dare a quel genitore l’ascolto dovuto e aiutarlo senza che se ne accorga. Il genitore che sentivamo più fragile, quell’adulto impreparato al mondo che ci accudiva alla bene e meglio, attraversato com’era da tribolazioni e guai. Non stavano bene i nostri genitori, avevano parecchi dispiaceri. E noi eravamo piccoli, per lo più impotenti di fronte a quella loro ben declinata infelicità. Intuivamo, non sapevamo, sospettavamo, non sapendo cosa fare. Allora ho immaginato un luogo, tra un fantomatico “di qua” e “di là” in cui questo fatto, questa parola che sia “evento”, che sia “incontro”, possa accadere, per un po’ ”.
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