“È un primo passo positivo per introdurre innovazione nella gestione delle macerie, perseguita con determinazione dall’Osservatorio per la ricostruzione di qualità, promosso da Legambiente e Fillea, insieme a tante altre realtà della società civile, del lavoro, dell’impresa. Esprimiamo quindi soddisfazione per il fatto che la Regione Marche con questo atto abbia voluto raccogliere le sollecitazioni arrivate dai numerosi confronti pubblici svolti sul territorio sulla complessa gestione delle macerie.
Sappiamo che circa il 98% delle macerie è costituito da inerti, praticamente quasi tutti recuperabili. Con la concreta attuazione di questa delibera i vantaggi che si possono perseguire sono molti: si salvaguarda il suolo e il paesaggio, per il minor uso di discariche per lo smaltimento e dei materiali naturali necessari per la ricostruzione; si scongiura il rischio che gli inerti selezionati rimangano inutilizzati con la conseguente saturazione dei siti di stoccaggio, pubblici o privati che siano; si dà una spinta alla creazione di una nuova filiera produttiva del recupero e del riutilizzo degli inerti; si crea nuova occupazione; si spinge la ricerca pubblica e privata sui nuovi materiali.
Per fare tutto questo, chiediamo che venga subito convocato un tavolo presso la Regione Marche che coinvolga i diversi soggetti pubblici e privati interessati, per definire e mettere in atto una strategia che renda concreta l’innovazione auspicata e garantisca al massimo la qualità dei materiali che saranno riutilizzati.
Un presupposto, per dare seguito con coerenza all’impegno manifestato dalla Regione Marche con tale atto, è che la lavorazione degli inerti avvenga, quanto più possibile, in prossimità dei luoghi della rimozione e della ricostruzione. Per innescare un circolo virtuoso tra le demolizioni e il riutilizzo degli inerti nella ricostruzione, infatti, è importante accorciare al massimo le distanze tra domanda e offerta.
Il modello di gestione usato dalla Regione Marche per il recupero, trasporto e selezione delle macerie, al momento, non comprende questa alternativa, trasportando tutte le macerie prima nei siti provvisori e poi nei siti di lavorazione e smaltimento con viaggi anche di 60-70 Km sulle strade dell’Appennino. Vanno individuate le situazioni in cui è possibile riconsiderare l’attuale organizzazione affinché si operi una demolizione selettiva degli edifici, fatta da imprese professionalizzate, e si faccia in loco la selezione dei materiali. Gli inerti già separati potranno essere lavorati in siti più prossimi per accorciare significativamente i viaggi dei materiali in uscita e in entrata. Avviando così una filiera di recupero e riutilizzo funzionale anche per la gestione delle macerie private.
Un sito in cui avviare queste procedure riteniamo possa essere rappresentato dal sito provvisorio predisposto ad Arquata del Tronto con fondi pubblici. È importante quindi che non diventi un mero sito di stoccaggio dopo la scadenza del contratto di affidamento della gestione all’ATI Seipa-Htr, ma venga attrezzato con impianti mobili per la lavorazione degli inerti da mettere a disposizione dei Comuni dell’area”.
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