Ancona

Ancona, Regione: ecco il Report 2018 sulla violenza di genere

La Giunta regionale presenterà all’Assemblea legislativa ,nella seduta del 26 novembre, le rilevazioni del 2018. Aumentato sensibilmente il numero di donne che si sono rivolte ai Centri antiviolenza

 ANCONA – Nel 2018 sono state 534 le donne che si sono rivolte ai Centri antiviolenza delle Marche (Cav), con un incremento “importante” rispetto alle 409 del 2017. Una crescita dovuta non a un aumento dei maltrattamenti e di vittime, ma a una maggiore emersione di un fenomeno ancora sommerso. È quanto emerge dalla relazione annuale sulla violenza di genere. L’assessora alle Pari opportunità, Manuela Bora, ha anticipato in Giunta regionale le rilevazioni del 2018, che andranno ora trasmesse all’Assemblea legislativa dove verranno presentate nella seduta del 26 novembre.

“Questa impennata statistica evidenzia la maggiore capacità della Regione di intercettare un fenomeno diffuso anche nelle Marche – ha affermato l’assessora Bora – Ma soprattutto indica una più adeguata capacità dei servizi sul territorio di offrire risposte appropriate e rassicuranti alle donne vittime di violenza per aiutarle a superare paure e timori e garantire tutele appropriate”.

Un risultato raggiunto, ha detto Bora, “lavorando su vari livelli e in rete che ha permesso a più donne di trasformare il loro bisogno silente di aiuto in domanda espressa. Abbiamo migliorato la capacità di intercettazione e di lettura del fenomeno da parte dei Centri antiviolenza, introdotto il Codice Rosa nei Pronto soccorso, abbiamo abolito il ticket sanitario per tutte le prestazioni alle vittime e ai loro figli. Ma soprattutto abbiamo creato la rete, interconnettendo istituzioni e servizi, intensificato le azioni di prevenzione primaria per aumentare, nelle persone, la conoscenza e la consapevolezza del fenomeno che va combattuto senza tregua. A partire dalle scuole superiori, da cui pensiamo possa essere scaturito anche il notevole aumento di donne, di età compresa tra i 18 e i 25 anni, che si sono rivolte ai Cav per chiedere aiuto”.

SCHEDA 

I dati del 2018 segnalano che il 74% delle donne che si rivolge ai Cav (Centri Anti-Violenza) è rappresentato da italiane, di cui il 45,4% è coniugata, il 44,8% ha un diploma di scuola superiore e il 22% una laurea. Il 37,8% è occupata in modo stabile e il 18,9% è disoccupata in cerca di occupazione. Emerge poi un incremento considerevole di donne che dichiarano la loro “sofferenza psichica” nel vivere questa condizione: indice, anche questo, di una maggiore coscienza del loro stato e della loro vittimizzazione. La violenza segnalata è prevalentemente “domestica”, consumata all’interno delle relazioni familiari, non di rado da uomini conosciuti alle forze dell’ordine (il 54,5% ha denunce a carico in corso, il 24% è imputato o condannato per reati diversi). L’autore della violenza è per il 74% di nazionalità italiana (età compresa tra i 38 e i 57 anni). Il 40% è composto da mariti; il 21% da conviventi, ex conviventi e fidanzati. Per il 57,9% dei casi l’uomo violento ha un lavoro stabile, per il 42% un diploma di scuola media inferiore. Uomini, quindi, meno istruiti delle loro compagne, se paragoniamo il dato scolarizzazione con quello delle donne loro vittime. Rispetto al passato cresce la percentuale delle donne con figli che hanno assistito o subito violenza (il 94% ha figli minorenni, il 52,5% maggiorenni o anche maggiorenni). Sostanzialmente la quasi totalità dei figli è coinvolta nei maltrattamenti e oltre la metà ne è vittima o testimone, confermando che la violenza assistita è un aspetto della stessa violenza di genere. Anche questo aumento delle donne con figli che si rivolgono ai Cav fa presumere una maggiore conoscenza delle gravi ricadute che la violenza intra-familiare ha sui figli. Un capitolo del report, infine, focalizza le diverse dimensioni della violenza che non è mai di un solo tipo, ma compiuta attraverso modalità tra loro associate: psicologica, economica, fisica e sessuale. Si evidenzia, infine, che i nuclei familiari generano ancora una quota di sommerso, perché non comunicano il problema all’esterno e rimangono in silenzio. I dati sono raccolti dall’Osservatorio regionale politiche sociali, sulla base delle rilevazioni dei cinque Centri antiviolenza delle Marche, strutturati a livello provinciale.

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Redazione

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