Attualità

Vivere o morire? Una riflessione sul coronavirus

FANO – La minaccia coronavirus sta incendiando gli stati sino a parlare di “pandemia globale” in Germania secondo il Ministro della salute, anche se l’Oms continua a definirla epidemia. Si contano 93mila contagi nel mondo con 3200 morti di cui 3mila in Cina e poi seguono l’Iran e l’Italia.

Poi però ci sono altre gravissime situazioni sparse nel nostro – nostro perché di tutti anche di coloro che si fanno artefici ed esecutori di violenze e disseminatori di odio – mappamondo rosso di sangue e dolore. La guerra in Siria che va avanti da 9 anni e sta facendo orrori, vittime, abusi, mutilazioni e crimini di guerra.

I profughi siriani che si accalcano al confine greco in cerca di salvezza o di morte annunciata ma per loro unica speranza ed illusione, in risposta al governo di Ankara che venerdì, tramite il suo presidente turco Erdogan ha comunicato di non opporsi al flusso migratorio permettendo il transito dei migranti verso i paesi dell’Ue a causa della ripresa del conflitto nella città di Idlib. I greci che in risposta, sparano lacrimogeni contro i migranti e ostacolo l’accesso bloccando migliaia di persone in procinto di attraversare quel lembo di terra che segna la divisione tra Grecia e Turchia in particolare nella zona di Evros.

L’Europa che tra il dichiarare il suo fallimento e il convocare riunioni nelle sue sedi centrali belghe, cerca di prendere provvedimenti per rimediare alla più grande crisi umanitaria come titolano alcune testate. Se si va in Pakistan arriva la notizia di un giovane cristiano ucciso e torturato per essersi lavato nell’acqua del pozzo di musulmani e averla così sporcata.

In Nicaragua muore Ernesto Cardental sacerdote e poeta e al suo funerale si crea guerriglia dai “las turbas” che inneggiano chiamandolo “traditore”, molestando i giornalisti e urlando durante la cerimonia funebre. Odio, prevaricazione, soprusi, morte.

Eppure Gesù continua a parlarci con la Parola viva del Suo vangelo come duemila anni fa e in questo tempo di Quaresima soprattutto ci esorta: “Ritornate a me con tutto il cuore, perché sono misericordioso e pietoso”. Nella Prima lettura di mercoledì 4 marzo, tratta dal libro del profeta Giona, così si celebrava:

“In quel tempo, fu rivolta a Giona questa parola del Signore: «Àlzati, va’ a Nìnive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico». Giona si alzò e andò a Nìnive secondo la parola del Signore.

Nìnive era una città molto grande, larga tre giornate di cammino. Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava: «Ancora quaranta giorni e Nìnive sarà distrutta».

I cittadini di Nìnive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli. Giunta la notizia fino al re di Nìnive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere.

Per ordine del re e dei suoi grandi fu poi proclamato a Nìnive questo decreto: «Uomini e animali, armenti e greggi non gustino nulla, non pascolino, non bevano acqua. Uomini e animali si coprano di sacco e Dio sia invocato con tutte le forze; ognuno si converta dalla sua condotta malvagia e dalla violenza che è nelle sue mani. Chi sa che Dio non cambi, si ravveda, deponga il suo ardente sdegno e noi non abbiamo a perire!».

Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece”.

Nel momento attuale si può sempre sminuire il pericolo di contagio denigrando la pizza italiana, si può restare sordi e ciechi alle violenze e brutture, ci si può lasciare scivolare come acqua fredda ogni vicenda, credere che nulla stia accadendo e che siamo e saremo portatori di grandi invenzioni e di ogni supremo bene, se vogliamo possiamo continuare a farlo nascondendoci dietro ogni evidenza ma questo vorrebbe significare inevitabilmente pietrificare il nostro cuore, pietrificare il nostro vivere, renderci immuni al sentirci uomini creati, deboli e fragili.

Eppure una grande cosa possiamo farla come esseri a cui la vita viene donata e che nulla decidono neppure il quando gli è dato di morire o come crescere se alti o bassi, essere uomini francesi o italiani, dove nascere e quali attitudini avere.

Possiamo convertirci e cioè prendere su di noi il peso di una grande verità che ci individua come esseri bisognosi di un continuo perdono per le nostre azioni, un perdono che dobbiamo saper dare e ricevere, esseri che hanno bisogno di amare ed esser amati per vivere, esseri che hanno bisogno di gentilezza, di conforto e di un riempimento interiore che li sazi perché sono essere fatti per e dall’infinito.

Nel cuore, l’abbandono alle nostre certezze, cecità e sordità ostinate può sovvertire quel pericoloso legame con il male. Eleviamo dentro di noi quell’urlo di aiuto, inginocchiamoci perché siamo un nulla che passa e se ne va e prima lo capiremo, prima ci salveremo e vivremo. Urliamo a Dio il nostro dolore e il nostro volere che intervenga per fermare le catastrofi.

Uniamo le nostre preghiere presto, perché si sta facendo tardi.

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Pubblicato da:
Monica Baldini

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