Rugby Jesi ’70: intervista a Giacomo Ramazzotti

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Giacomo Ramazzotti

“Abbiamo già un impianto da serie A, c’è un nuovo allenatore che, venendo da fuori e ripartendo da zero, ha dato grandi stimoli a tutti”

JESI – Giacomo Ramazzotti è un giovane veterano per questo Rugby Jesi ’70 che si è rimesso con entusiasmo al lavoro già nel cuore dell’estate per preparare, insieme al nuovo tecnico della Seniores Alessandro Speziali, l’assalto alla nuova stagione.

«Da quando ci hanno dato il via libera per riprendere a fare attività fisica – racconta l’ala jesina- abbiamo iniziato subito. C’è un allenatore nuovo, che ha ben chiaro in mente dove vuole arrivare e quello che c’è da fare per raggiungere l’obiettivo nel più breve tempo possibile. E c’era grande voglia di ricominciare da parte di tutti noi, dopo che avevamo chiuso in crescendo la passata stagione al momento dello stop. Volevamo riprendere da dove ci eravamo fermati. C’è grinta, c’è volontà ed era importante iniziare prima, anche perché ci sono in squadra tanti giovani che sono saliti in Senior dalla Under 18 e che bisogna vedere e valutare, per capire chi è già pronto e chi magari può avere bisogno di ancora un poco di tempo. E poi c’è un lavoro di programmazione della società che è partito da tempo e che va avanti con un nuovo progetto, basato sulle forze del vivaio e di Jesi».

Quanto vi è mancato il rugby nei mesi di chiusura?

«Molto. A me non è mancato tanto l’allenamento in sé, dato che ho iniziato a giocare a 12 anni e che, dopo 18 passati sul campo, allenarsi diventa sempre più faticoso- sorride Ramazzotti- mi è mancato stare insieme con i compagni nello spogliatoio, mi sono mancati gli scherzi, le risate, i venerdì sera passati insieme. In diciotto anni di rugby ho vissuto più con loro che con la mia famiglia. Ed è chiaro che dopo tre mesi inizi a sentire che ti manca qualcosa».

Che effetto fa sentire la società dichiarare l’obiettivo Serie A?

«Hai detto serie A e ho sentito un brivido. Perché io sono venuto su con il sogno della serie B e sono passato dalle giovanili alla prima squadra con il sogno di ritornare in serie B. Aver vissuto quel passaggio, dalla C alla B, averlo poi consolidato nella nuova categoria e ora ritrovarsi davanti ad un nuovo obiettivo è emozionante. Sentirsi ancora al centro- spero- del progetto è importante. Significa che in questi anni si è lavorato bene come persona, come giocatore e in maniera più ampia come squadra e come società. Abbiamo già un impianto che è da serie A, c’è un nuovo allenatore che, venendo da fuori e ripartendo da zero, ha dato grandi stimoli a tutti. E tanti sono tornati dopo che per motivi di studio o di lavoro avevano dovuto stare lontani per un periodo».

Che impressione stanno dando i giovani leoni saliti in Seniores dal vivaio?

«Molti di loro li conosco, 5-6 anni fa li ho anche allenati in Under 14 e all’inizio dell’Under 16. Conoscevo i ragazzi che erano saliti lo scorso anno come Fanesi, Carosi, Trillini e ora i nuovi. Devono lavorare tantissimo, perché nessuno regala loro qualcosa. Sono fortunati, perché hanno un allenatore che punta molto su di loro. E sfortunati, perché si inseriscono in una squadra consolidata dove, almeno all’inizio, non sarà facile trovare tanti spazi. Ma non devono demordere e devono solo lavorare, lavorare, lavorare, perché studiano ancora e, rispetto a chi ha già un lavoro e quindi maggiori difficoltà di tempo, possono spingere tantissimo».