Rinascimento perduto
La letteratura italiana sotto gli occhi dei censori
(secoli XV-XVII)
(il Mulino 2019, pp. 328)
di Gigliola Fragnito. Sarà presente l’Autrice.
L’Index librorum prohibitorum – la cui “costruzione”, qui rievocata, fu complessa e perfino contraddittoria – non si limitò a redigere elenchi di libri proibiti o a sospenderli fino a correzione (donec corrigantur), ma disciplinò la lettura di intere categorie di opere, certamente quelle di magia e di astrologia, ma anche libri licenziosi e “di battaglia” (ovvero poemi cavallereschi). Lo studio esamina diversi casi di autori oggi meno frequenti nelle nostre personali librerie (dal Burchiello al Bembo, dal Berni al Sannazzaro) ma anche le vicende della Gerusalemme del Tasso, del Furioso, per non dire delle Rime del Petrarca e della stessa Bibbia in lingua volgare. Gli interventi censori non si limitarono infatti alle opere in odor di eresia, ma si dedicarono anche alla letteratura di svago – dalla novellistica al romanzo cavalleresco e alla satira – e ovunque i censori individuarono segni di anticlericalismo, di oscenità, di commistione fra sacro e profano.
Rinascimento perduto ricostruisce così i meccanismi che portarono alla manomissione di un vasto patrimonio culturale, alla manipolazione di numerose opere mediante l’espurgazione, alla profonda trasformazione di generi letterari, dagli epistolari ai poemi cavallereschi, come pure alla discussa prassi dell’autocensura. Lo scopo dell’azione repressiva era la moralizzazione dei fedeli, in particolare degli homines simpliciores, ma non vi è dubbio che, assieme alla rimozione dei libri di contenuto biblico in volgare, essa consentì alla Chiesa romana di esercitare il suo potere sulle menti e sulle coscienze, riducendo i fedeli in Chiesa discente soggetta ai suoi pastori.
L’Autrice ha studiato a fondo il periodo del disciplinamento post-tridentino, e quest’opera costituisce per così dire la terza parte di un trittico che annovera La Bibbia al rogo (1997) e Proibito capire (2005). Il lettore scopre ritratti vivi e contraddizioni di personaggi del tempo, da Ludovico Beccadelli, che non osò emendare il Decameron, a Paolo Costabili, inflessibile maestro dei Sacro Palazzo, e a Guglielmo Sirleto che fu un intransigente membro della congregazione dell’Indice, fondata nel 1571.
Un grande libro, insomma, che aiuta a capire come il percorso della letteratura italiana sia stato modificato e segnato dalla censura religiosa; come novelle, trattati, satire e poemi siano stati emendati (talora dati alle fiamme) mentre gli autori pativano non solo l’intervento delle congregazioni del Sant’Uffizio (nata nel 1542) e dell’Indice, ma anche della propria autocensura.
Gigliola Fragnito ha insegnato Storia dell’età della Riforma e della Controriforma presso la facoltà di Lettere dell’Università di Firenze; dal 1994 è stata professore ordinario di Storia moderna presso la facoltà di Lettere dell’Università di Parma. Si occupa di storia religiosa, culturale e sociale della prima età moderna. Tra i suoi numerosi saggi ricordiamo almeno Gasparo Contarini. Un magistrato veneziano al servizio della cristianità (1988), La Bibbia al rogo. La censura ecclesiastica e i volgarizzamenti della Scrittura 1471-1605 (1997), Proibito capire. La Chiesa e il volgare nella prima età moderna (2005), Cinquecento italiano. Religione, cultura e potere dal Rinascimento alla Controriforma (2012), Storia di Clelia Farnese. Amori, potere, violenza nella Roma della Controriforma (2013).
Ingresso libero fino a esaurimento dei posti
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