ANCONA – Illustrato ieri in anteprima,a Palazzo Leopardi, un prototipo di macchinario per la misurazione oggettiva dell’erosione dei suoli, sviluppato all’interno del progetto denominato “Trasferimento e adattamento del modello agricolo biologico conservativo nei sistemi colturali marchigiani” finanziato dalla Regione Marche tramite il PSR Marche 2014/2020 Misura 16.1 – Azione 2.
Alla Conferenza presenti Anna Casini Vicepresidente Giunta regionale, Giovanni Fileni del gruppo Fileni, Enrico Loccioni del gruppo Loccioni, Prof. Giuseppe Conti dell’università Politecnica delle Marche.Senza un terreno di qualità non è possibile avere un cibo di qualità e neanche fare il bagno in un mare pulito. Proprio la salvaguardia del suolo marchigiano è l’obiettivo del suddetto prototipo .
La presentazione di ieri mattina precede il debutto mondiale del prototipo nell’ambito del “Global Symposium on Soil Erosion”, un incontro scientifico internazionale di altissimo livello, organizzato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) che si terrà dal 15 al 17 maggio a Roma con oltre 500 persone tra policy maker e scienziati provenienti da tutti i Paesi del mondo.
La proposta progettuale si basa sui principi sviluppati dalla Società Arca Srl Benefit fondata dai noti imprenditori marchigiani Bruno Garbini, Giovanni Fileni ed Enrico Loccioni e ideatrice di un modello di agricoltura volto alla rigenerazione dei suoli, dell’ambiente e del territorio. Arca è coordinata dal Capofila Soc. Agricola Biologica Fileni del Gruppo Fileni in collaborazione con l’Università Politecnica delle Marche, AEA Srl del Gruppo Loccioni e la Società AgriBlu ss. Il prototipo di sistema è stato ottenuto grazie alle competenze scientifiche del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Politecnica delle Marche e in particolare del prof. Giuseppe Conti e di quelle di tipo ingegneristico del partner AEA Srl del Gruppo Loccioni.
Il progetto, solo qualche anno fa, sembrava l’idea di qualche visionario appassionato di filiere, economia circolare e conservazione del terreno ha detto la vicepresidente Casini. Ma poi grazie al confronto e alla collaborazione continua è diventato realtà. Fondamentale il lavoro di squadra tra Regione, imprenditori e Università con un unico obiettivo, ha concluso la vicepresidente: assicurare nella nostra regione cibo sano, consumi etici, tutela del paesaggio, opportunità di occupazione in agricoltura e nella più avanzata ricerca collegata alla sostenibilità ambientale.
Assunto di partenza è che il suolo perde circa un centimetro l’anno e cresce un millimetro ogni 5-10 anni. Questo comporta un impoverimento in termini di fertilità del terreno e di conseguenza della qualità dei prodotti sulle tavole. In un centimetro cubo di materiale convivono infatti circa 3 miliardi di organismi complessi, dai batteri ai lombrichi, ed è tutta questa vita che fa crescere le piante. Un patrimonio immenso che una volta, quando le rotazioni culturali erano la norma e si concimava con materiale organico, era perfetto. Oggi non è più così, una gestione dei suoli non corretta ne ha favorito la mineralizzazione e l’incremento di CO2.
A correre ai ripari ci hanno pensato i tre imprenditori marchigiani Garbini, Fileni e Loccioni, che, con il sostegno della Regione Marche e la collaborazione dell’Università della Politecnica delle Marche , hanno ideato un progetto per mitigare l’attuale degrado dei suoli marchigiani, conservando e migliorando la loro funzionalità, la biodiversità e i servizi ecosistemici. Ai sistemi colturali in agricoltura biologica delle Marche, soprattutto sui seminativi in rotazione maggiormente presenti sono state trasferite ed adattate, da altre realtà produttive, tecniche e tecnologie agricole conservative (note come “agricoltura bio-conservativa”).
Da questi studi è nato un prototipo costituito da un dispositivo mobile applicabile su differenti terreni e situazioni geo-morfologiche ed è provvisto di un labirinto atto ad intercettare e separare i detriti presenti nell’acqua di scolo dopo ogni pioggia; tali detriti vengono poi prelevati manualmente dalla vasca di raccolta per essere pesati. Allo stesso tempo l’acqua filtrata viene convogliata al dispositivo di “misura portata” costituito da una vaschetta oscillante (tipping basket) che, grazie a un fissaggio eccentrico, scarica periodicamente un quantitativo fisso e noto di acqua. Periodicamente viene prelevata una piccola quantità di acqua, che viene poi analizzata in laboratorio per determinare le sostanze in essa disciolte.
Al sistema appena descritto è collegato un data logger che conta i ribaltamenti della vaschetta (e quindi la portata d’acqua) e li invia tramite segnale radio a un concentratore. Unendo le informazioni prodotte dal sensore di erosione a quelle dell’intensità di pioggia, ricavate da una centralina meteo già presente in zona, è possibile ricavare il bilancio idrico dei campi sperimentali.
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