Ancona

Intervista a Vittorio Santarelli, giocatore Nazionale Italiana Rugby Seven

L’atleta, nato e cresciuto sportivamente nel Rugby Jesi ’70, quest’anno in forza alla Lazio Rugby 1927, protagonista del Top 10

JESI – Vittorio Santarelli, jesino classe 1999, rugbisticamente nato e cresciuto nell’impianto di via Mazzangrugno e di qui partito per l’avventura capitolina – sportiva e di studio- è fresco reduce dalla tre giorni al centro sportivo dell’Acquacetosa di Roma della scorsa settimana, per la sua prima chiamata, da parte del responsabile tecnico Andy Vilk, al raduno della Nazionale di Rugby Seven in vista dell’attività internazionale.

Come sono andate le cose al raduno azzurro al quale hai appena partecipato e che sensazioni ti ha dato la convocazione?

«La convocazione è arrivata inaspettatamente, è stata una vera sorpresa. Gli allenamenti sono stati molto intensi e impegnativi, iniziavamo la mattina presto e vi era un’agenda piena di attività fino alla sera. Le giornate sono scorse veloci e piacevolmente grazie all’ottima organizzazione e al positivo ambiente creato dallo staff e dal gruppo degli atleti presenti. Mi sono molto divertito, speriamo possano esserci altre chiamate».

Come sta andando questa tua annata alla Lazio e cosa ti sta dando questa esperienza?

«Aspetterei il termine della stagione per parlare di come è andata questa annata alla Lazio, per il momento ho collezionato una presenza nel secondo tempo della partita con il Calvisano. Ovviamente il gap di categoria è molto alto e mi sto impegnando a fondo per fare esperienza, crescere tecnicamente e fisicamente e per farmi trovare pronto. Già il solo fatto di essere stato accettato nel gruppo squadra è per me motivo di orgoglio, ringrazio la Lazio per avermi dato questa opportunità; il resto è ancora tutto da dimostrare».

Cosa porti nella tua crescita di giocatore del tuo esserti formato nel Rugby Jesi?

«Se penso allo Jesi penso per prima cosa all’amicizia, alle persone con cui ho condiviso molte delle mie esperienze degli ultimi 15 anni che rimarranno con me per sempre. Di sicuro non dimenticherò mai la grinta, la determinazione e il non darsi mai per vinti nemmeno nelle situazioni più complicate. Grazie a Jesi ho imparato a rispettare tutti ma non temere nessuno, sportivamente. Non avrei mai lasciato Jesi per nessun altro club, ma nel momento in cui i miei genitori si sono trasferiti a Roma per lavoro ed io ho dovuto trasferire i miei studi universitari dalla Politecnica delle Marche di Ancona alla Luiss Guido Carli di Roma, sono stato chiaramente costretto per non abbandonare questa mia passione per il rugby».

Che tipo di giocatore sei?

«Sotto l’aspetto tecnico sono un trequarti, quindi della categoria dei 7 giocatori più leggeri e veloci della squadra. Preferisco i ruoli di apertura e di estremo, ma posso all’occorrenza ricoprire anche le altre posizioni. Posso dire che amo molto il gioco al piede».

Come e quando hai iniziato a giocare e cos’è per te il rugby?

«Ho iniziato a giocare all’età di 6 anni, quando ancora a Jesi c’era un solo campo di fango. Sono arrivato al rugby guardando casualmente una partita con mio padre in tv dell’Italia con la Scozia e dalla settimana successiva ero al campo Latini di Mazzangrugno dal quale non sono più uscito. Sin dal primo allenamento sono stato colpito dalla familiarità e dalla simpatia dell’ambiente, poi con il tempo mi sono legato sempre di più e ho fatto miei tutti i valori che questo sport di squadra insegna. Per me il rugby è fondamentale perché è da sempre una passione quotidiana, della quale non posso fare a meno. Credo che sia uno degli sport più belli del mondo, adatto a tutti, che meriterebbe ancora più spazio in Italia».

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Pubblicato da:
Marina Denegri

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