‘Verso il mare aperto’ – inizio – di Monica Baldini

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FANO – Forse, in un’ora buia come quella che stiamo attraversando, il ripiegamento su noi stessi, rifugiati nelle nostre case, potrebbe essere l’inizio di un nuovo cammino, quello verso il nostro cuore.
Sì, proprio così. Mi piace e lo condivido, ne sto scrivendo perché il ripiegamento su sè stessi induce a cercare dentro e non fuori quello che ci interessa davvero, quello che ci scuote l’animo e ci fa scorrere un piccolo brivido sulla pelle.
Così ferma, alla scrivania minuta che verte sulla strada chiassosa perché dirimpetto il litorale, mi sono seduta.
E stavo leggendo, alienata dalla realtà, immersa in un mondo altro da quello reale, supportata dal silenzio che trionfa nelle strade.
Di solito, davanti la finestra passano persone, si sentono chiacchiere, rumori di macchine che in fila scorrono per andare dove loro sanno e non c’è possibilità di appartarsi, di isolarsi e raccogliersi.
Ieri invece sì.
Era tutto silenzio, profondo ed inconsueto. Vigeva una beata sospensione nell’aria, solo interrotta dalle ugole allegre degli uccellini di primavera o da qualche eco lontano e sordo di movimenti necessari. Sapete quei passi pedanti e moti goffi che non distingui e riverberano nel riflesso sonoro da chissà dove?
Proprio quelli, nulla che disturbasse o distraesse e io leggevo accarezzata da un tiepido raggio di sole che era venuto a farmi visita di là dalle tapparelle, che con forza era oltrepassato e si ricamava nella stanza e dapprima nel mio volto.
Insomma, direte, una situazione che pare tra il dolce vivere e l’esilio forzato, le fessure e l’immobilismo.
Eppure vi assicuro era assurdamente bello. Assurdamente perché accade solo in tempi di pandemia. Perciò tristemente e assurdamente bello, mi correggo. Meglio ricorrere ad un ossimoro, lieta che esista per spiegare concetti che alle volte sarebbero lunghi frasi e frasi.
E poi un rumore di motore, una macchina e l’idillio si è interrotto.
D’improvviso, mi è balenato Leopardi e il suo carezzevole venticello che tra le piante gli mormorò un senso di infinito.

(SEGUE)