Questa volta tocca alla sede rossiniana per eccellenza, e cioè il conservatorio accolto a Palazzo Olivieri. L’appuntamento è per oggi pomeriggio, alle 18 e alle 19, nel cortile, con la terza tappa dell’integrale delle sonate per archi.
Il Random Quartet esegue la Sonata n° 2 di Rossini per due violini, violoncello e contrabbasso in La maggiore. Gli interpreti: Ximena Alexandra Jaime e Luca Nicolini al violino, Alessandro De Felice al violoncello, Massimo Jean Gambini al contrabbasso. Le sei sonate a quattro furono composte da un precoce Gioachino Rossini all’età di dodici anni durante le vacanze estive passate nella tenuta di Conventello di Ravenna nella casa della ricca famiglia Triossi. Il musicista fu ospitato grazie all’interessamento del giovane Agostino Triossi, appassionato contrabbassista autodidatta, che lo invitò a scrivere musica da camera per suo intrattenimento ma anche per il diletto dei cugini Luigi e Giovanni Morini, suonatori rispettivamente di violino e violoncello.
Questa precoce e felice fase compositiva durò complessivamente tre giorni, così come testimonia lo stesso Rossini in una mordace nota autocritica posta in calce alla parte manoscritta per violino ritrovata anni dopo mentre il musicista la riteneva persa in casa Triossi. La raccolta ebbe circolazione successivamente, intorno al 1825, quando in Italia furono pubblicate da Giovanni Ricordi per quartetto d’archi tradizionale (con viola e violoncello al posto di violoncello e contrabbasso) e con l’esclusione della terza sonata. Seguirono altre edizioni, anche straniere, con nuove trascrizioni: celebre per esempio fu quella per fiati.
Tutte le sonate rispecchiano lo stesso schema tradizionale tripartito in forma di concerto, con due movimenti veloci e uno centrale lento. Per quanto concerne la scrittura propriamente detta, la forma-sonata concepita da Rossini per questi lavori presenta delle peculiarità. Essa non è organizzata convenzionalmente secondo l’alternanza di due temi e di due aree tonali, ma procede per semplice susseguirsi di temi, come nel caso del “moderato” della Sonata I, oppure è avara nell’uso di transizioni fra un tema e l’altro, come si nota oltre che nella prima, anche nella Sonata II primo movimento.
Il perno su cui vertono queste sonate può essere considerato complessivamente un susseguirsi cantabile di idee melodiche in forma ternaria, senza la cura tipica delle scuole tedesche che si fondavano per tradizione sul contrasto tema-tonalità. La freschezza e l’originalità di questi lavori sono molto apprezzate dalla critica, che scorge in esse il seme del Rossini futuro. Un esempio particolare può essere, oltre al particolare linguaggio musicale, il terzo movimento della Sonata VI, la “Tempesta”. Così come in alcuni suoi celebri melodrammi – come La pietra del paragone, L’occasione fa il ladro, La Cenerentola o Il barbiere di Siviglia in cui era frequente l’uso del “temporale” sulla scena – qui il musicista sperimenta con tutta la sua veemenza un prototipo che ricorrerà spesso nella sua musica e che è caratteristico del suo stile.
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