Cronaca

Macerata, lotta al caporalato: un arresto e sequestro azienda e beni aziendali

MACERATA – Il Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro di Macerata e la Polizia di Stato della Questura di Macerata nella giornata di giovedì hanno dato esecuzione a una misura cautelare in carcere nei confronti di un cittadino italiano di origini pakistane nell’ambito di un’articolata attività d’indagine sul caporalato e lo sfruttamento del lavoro nel settore dell’agricoltura.
Le indagini sono state avviate nel mese di maggio 2022 a seguito di alcune segnalazioni giunte ad entrambi i reparti. La sinergica e meticolosa attività di indagine svolta nei confronti del soggetto indicato come sfruttatore e l’attento ascolto dei lavoratori hanno fatto emergere il ruolo di “deus ex machina” dell’indagato il quale, ben inserito nella comunità pakistana, reclutava, anche presso i centri di accoglienza, operai extracomunitari per utilizzarli nelle campagne della provincia di Macerata e provincie limitrofe.

Tali lavoratori venivano quindi impiegati presso terzi anche senza contratti di lavoro ottenendo retribuzioni ben al di sotto degli standard previsti dai contratti collettivi di lavoro, nazionale e provinciale, in violazione delle norme in materia di sicurezza, senza alcun dispositivo di protezione individuale, operando anche in condizioni meteorologiche avverse e senza alcuna sorveglianza sanitaria. I lavoratori svolgevano turni massacranti, che si protraevano dalle prime luci dell’alba fino al tardo pomeriggio, in violazione alla legge e senza alcuna maggiorazione per il lavoro straordinario e festivo, in condizioni di salute precarie e disagiate. Gli stessi venivano sottoposti a forme di sorveglianza e condizioni di lavoro degradanti in quanto veniva controllata costantemente anche la quantità di prodotti agricoli raccolti dalle singole squadre. Il caporale addirittura tratteneva delle somme dalla retribuzione di loro spettanza corrispondenti alle spese per il vitto e alloggio.
I Carabinieri del NIL e il personale della Squadra Mobile, coordinati dalla Procura di Macerata, hanno riscontrato che, quotidianamente l’indagato reclutava decine di operai e li conduceva nelle campagne. L’attività illecita era organizzata nei minimi dettagli, infatti il caporale potendo contare su una continua e sistematica richiesta di manodopera da parte di alcune aziende committenti fidelizzate, reclutava in prestabiliti punti di raccolta, situati nel maceratese, decine di stranieri, per lo più di nazionalità pakistana, ma anche di nazionalità nigeriana indiana e bangladese, in un numero mediamente mai inferiore ai trenta e con picchi fino a 60 lavoratori al giorno, i quali venivano trasportati sui luoghi di lavoro stipati in furgoni. L’attività di indagine ha quindi permesso di raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico dello sfruttatore il quale, esercitando un potere intimidatorio e di ricatto disponeva quotidianamente, di un rilevante numero di stranieri impiegati in maniera irregolare presso le aziende agricole del territorio. Le audizioni dei lavoratori reclutati sono state svolte con le massime cautele e con il supporto di Enti di tutela ed associazioni per garantire mediazione linguistica e culturale, fondamentale per rassicurare le vittime fortemente intimorite e stimolarne la fattiva collaborazione. L’indagato nel tempo si riappropriava delle somme corrisposte alle vittime a titolo di retribuzione anche mediante minacce di morte o atti di violenza. Tali gravi indizi di colpevolezza hanno determinato l’Autorità giudiziaria ad emettere a marzo 2023 la misura interdittiva a svolgere attività imprenditoriale. A seguito delle risultanze investigative veniva disposto anche il sequestro dell’azienda con la quale l’indagato operava, i conti correnti e i 6 mezzi utilizzati dallo stesso per il trasporto dei lavoratori. Sequestro del valore di 40.000 euro circa.
All’alba di giovedì i Carabinieri del NIL e il personale della Squadra Mobile hanno raggiunto il caporale per l’esecuzione dell’ordinanza della custodia cautelare in carcere e lo hanno condotto nella casa circondariale di Ancona-Montacuto.

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Redazione

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