Quante pieghe sommerse che scavano e sbattono infrangendosi, quante?
Non le ho contate non le conosco ma so che come un litorale in bassa marea tornano a riva. E lasciano i detriti che cozzano e spigolosi scavano, sanguinano senza farsi sentire se non con l’udito fioco e pungente.
Lockdown oggi è la parola. La parola per descrivere il confinamento gli uni dagli altri, per dichiarare le distanze di un metro da tenersi, per definire l’isolamento.
Una parola che è un imperativo, una normativa nutrita con Dpcm e autocertificazioni. Un clima su cui non si transige.
L’Italia è una macchia di colori solo allegri nei toni. Il giallo nasconde un rischio meno alto dell’arancio e insieme creano con il rosso l’intensità dell’agonia fisica e mentale che si distribuisce in quelle regioni. Nel minuscolo accade che la normalità sia mutata.
I parcheggi sono vuoti, esaltano le strisce blu e gialle sull’asfalto verniciate a nuovo da poco, mentre le bianche scompaiono sotto le ruote delle macchine. Non c’è traffico, le strade mostrano la loro nudità e si appianano senza ingombro. Il barista della piazza passa in sella alla bici pedalando con lentezza. I fiorai espongono i vasi, i colori e le insegne illuminano l’ingresso.
Qualcuno cammina a piedi.
In alto le foglie dei frassini vibrano, la luce le riflette sul palmo giallo. Il foliage è un tappeto.
Il chiarore di una ventosa giornata di novembre bacia la città, l’odore di salsedine profuma le vie e il campanile stende la croce a sfiorare l’angolo azzurro che sopra gli si apre.
Come curare le pieghe in cui si annida il dolore?
Fin quando vedrò la carezza di un gesto gentile e una parola dolce a confinare quella di lockdown, potrò dirmi di sentirmi al sicuro.
Potrò sussurrami che il distanziamento ha invaso le nostre quotidianità mutevoli ma non la volontà di essere fedeli alla vita, alla sua essenza vera.
Potrò arguire che spiragli di delicatezza continuano a sbocciare, che la polvere di cui siamo fatti è concimata di alito d’eterno per cui non si spegne ma serba la sua forza per brillare a momento opportuno.
Il freddo di un tempo silenzioso che aleggia reca lo sfondo e soffia sui cuori che né la scienza né la tecnologia possono cambiare. Li agita, li fa soffrire ma solo l’amore speso, sofferto, desiderato li può salvare. Ieri come oggi la via è sempre la stessa.
Solo lei invisibile, immortale, reca risposta alle nostre sofferenze alle nostre domande.
Monica Baldini
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