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Alla riscoperta del territorio, nuovo saggio per lo storico Paciaroni

SAN SEVERNINO MARCHE (MC) – É dedicato a chi ama andare alla scoperta, o anche alla riscoperta, di un territorio con il passo del pellegrino, camminando senza fretta ma con lo sguardo attento ai luoghi, il nuovo saggio dello scrittore e storico settempedano Raoul Paciaroni dal titolo: “Un itinerario scomparso: la strada di S. Eustachio”.

La pubblicazione, edita da Hexagon Group per la collana a cura del Comune di San Severino Marche, ripercorre un percorso oggi dimenticato ma che nell’età di mezzo e nei secoli successivi congiungeva San Severino Marche a Camerino ed era un segmento dell’importante strada di collegamento fra la Marca e Roma.

“Nel Medioevo questa strada – spiega l’autore del saggio – aveva origine all’altezza di ponte Sant’Antonio ma, anziché oltrepassarlo per immettersi sulla via consolare romana diretta verso Pioraco, volgeva subito a sinistra dopo il piccolo aggregato di case di Cesalonga e costeggiava il corso del fiume Potenza fino alla località Valle dei Grilli. Qui la strada lasciava la vallata del Potenza e si addentrava lungo una valle interna solcata da un esiguo torrente che scorre tra il monte S. Apollinare e il monte di Crispiero, valle che oggi è detta di S. Eustachio e che in antico veniva denominata Valle Gabiana”.

L’itinerario aveva una lunghezza di circa 15 chilometri, con un dislivello massimo di 519 metri. Nonostante le asperità di alcuni punti, poteva compiersi a piedi in quattro o cinque ore, a cavallo addirittura in un paio d’ore.

“Anticamente – torna sull’argomento lo storico Raoul Paciaroni – la distanza tra San Severino Marche e Camerino veniva indicata in 7 miglia passato per la via di S. Eustachio e in 12 miglia passando per Castelraimondo”.

Fra le località interessate dall’itinerario sicuramente vi era quella dell’eremo benedettino di S. Eustachio: “Esso aveva un ruolo di grande importanza nella logistica perché fungeva da provvidenziale ospizio per i forestieri trovandosi a contatto diretto di quella via assai transitata. Ma il monastero – ricorda ancora Paciaroni – non era l’unico edificio in cui coloro che passavano per quella strada potevano trovare ricovero. Lungo il tracciato scaturiva, e scaturisce tuttora, una ricca sorgente denominata Acqua Lupina. Infine anche sul pianoro dove nel 1381 verrà costruita la torre di Beregna era presente una domis hospitalis gestita dall’Ordine ospitaliere e militare di S. Giovanni di Gerusalemme per offrire accoglienza e ristoro ai viandanti sia che provenissero dalla valle di S. Eustachio, sia da quella opposta valle del Cesolone”.

Il saggio “Un itinerario scomparso: la strada di S. Eustachio” è la trentaseiesima opera, dal 1981 ad oggi, che il Comune di San Severino Marche pubblica a firma dello storico settempedano Raoul Paciaroni.

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Redazione

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