Il vento de “L’Infinito”, una riflessione di Monica Baldini

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Monica Baldini

RECANATI – E cosa avrebbe scritto, pensato e percepito il nostro caro poeta Leopardi? Nel silenzio d’una osservazione dal colle, nel silenzio della sua Recanati? Mentre leggevo da dietro le grate della finestra che danno sulla strada di solito chiassosa, una macchina ha interrotto la sospensione in cui stiamo vivendo. Poi più di una ma la prima ha dato lo stacco. Uno stacco che mi ha rimandato al pensiero de L’Infinito.

L’Infinito che è stato celebrato per i suoi 200 anni, l’anno scorso nel 2019, lungamente per tutto l’anno con varie manifestazioni poetiche, memoriali, convegni, presentazioni di libri e che da poco si è concluso, rimanda all’invisibile che il vento passando, sussurra all’orecchio del poeta facendolo annegare in un dolce mare.

Così ora, viviamo in silenzio. Un silenzio alieno alle nostre realtà, maggiormente in quelle città metropolitane o anche minute ma di certo non paragonabili all’atmosfera di un piccolo centro sulle colline marchigiane dei primi decenni del 1800. Leopardi ha avvertito nel silenzio, la voce dell’infinito attraverso il vento mormorante tra le piante ed il suo testo è risultato un capolavoro che resta intonso di bellezza a distanza di ben due secoli.

Il silenzio dicevo è ora più ricercato, un bene prezioso, magari alcuni se lo possono permettere vivendo ai bordi dei centri oppure lo scovano nei fine settimana, altri lo rifiutano pure assuefatti di modernità assordante ma ad ogni caso il silenzio è foriero di scoperte.

E nel silenzio che copre ora ogni cosa con un velo intangibile, che ammutolisce i rumori, diminuisce lo smog e parla di sofferenza e dolore per la difficile situazione pandemica, potremmo forse anche noi come il grande giovane poeta recanatese, avvertire un segno, una forza che ci mostri l’infinito oltre il sipario?

Potremmo forse anche noi accogliere, nell’immobilità sospesa con le saracinesche abbassate, sentendo il canto degli uccellini o rivivendo i rapporti a rallentatore oppure fermandoci ad osservare, accogliere un lieve sentimento del tempo, che taglia vigoroso come una spada il presente, la routine e rinvia a mondi altri? Che ci faccia fare esperienza del vento dell’eterno che ancora una volta, nei modi più impensabili ed imprevisti, verrebbe a farci visita?