Marche, Voce agli Artisti: il 30 maggio 2020 in diretta Facebook

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Domani 18 coreografi marchigiani in collegamento dall’Italia e dall’estero grazie ad Hangartfest

MARCHE – Si terrà sabato 30 maggio, alle ore 16, la videoconferenza organizzata da Hangartfest, festival di danza contemporanea che giunge alla XVII edizione e che gode del riconoscimento del MIBACT, della Regione Marche e del Comune di Pesaro.
Ben 18 artisti marchigiani, tra coreografi, performer e danzatori, si sono dati appuntamento virtuale in videoconferenza Zoom – trasmessa in diretta Facebook – per riflettere sul ruolo dell’artista in questo periodo di transizione e condividere le proprie esperienze di creativi e interpreti. Tra i diciotto, solo 5 sono attivi nelle Marche, mentre 6 lo sono in altre regioni d’Italia e 7 sono quelli che vivono all’estero, principalmente in Germania, in Austria, in Svizzera, nel Galles e in Inghilterra. Tra questi ultimi c’è una forte prevalenza di artisti di origini pesaresi.
Già questo dato – rimarca Antonio Cioffi, direttore artistico del festival – sta a significare la mancanza di lavoro e di prospettive sul territorio per una categoria di persone, gli artisti, che sono invisibili agli occhi di tanti e delle istituzioni. Gli artisti acquistano visibilità solo quando diventano famosi. Ma per diventare famosi (sempre che questa sia una prerogativa che interessi) bisogna che qualcuno abbia creduto in loro prima, che li abbia sostenuti nella fase più critica della loro vita, quella della formazione e della crescita. Invece, questo ruolo viene delegato ad altri e altrove, e poi ci si riempie la bocca di orgoglio quando l’artista oramai famoso torna in patria, dimenticandoci che al giovane non avevamo dato alcun credito, alcuna prospettiva di futuro. Perché fare l’artista non è, nell’immaginario collettivo, un lavoro, una necessità o una scelta di vita, ma solo un passatempo, tutt’al più un talento per fare divertire gli altri. Quindi, ciò che oggi stiamo vivendo in modo così singolare e inatteso, che sta segnando la nostra vita sul piano delle relazioni sociali quanto su quello lavorativo ed economico, è un periodo di transizione che ci porta verso una nuova fase della vita e nuovi modelli ancora da definire. Proprio per questo, può essere colta come un’opportunità per tracciare una nuova rotta. Ciò che dovremmo capire è quanto vulnerabili siamo, quanto fragile sia l’ecosistema del pianeta, che sfruttiamo senza riguardo alcuno. E quando capiremo queste poche cose, così semplici da sembrare quasi banali, potremo forse anche comprendere che il nostro benessere e il futuro del pianeta sono essenzialmente nelle nostre stesse mani. In sostanza, l’emergenza che ci è piombata addosso, ci costringerà a nuovi comportamenti e a nuove considerazioni, ad adottare buone pratiche che pongano in primo piano il rispetto dell’altro, minoranze comprese, e il rispetto della natura. In altre parole un’assunzione di responsabilità globale e duratura, sottoscritta senza clausole vessatorie nascoste.
Pertanto, in questa fase di transizione, abbiamo l’opportunità di lasciarci alle spalle le storture di questi ultimi decenni per proiettarci con rinnovato slancio verso nuovi orizzonti. E in questo passaggio, più che mai l’arte e la cultura giocano un ruolo fondamentale, perché possono aiutarci a definire quel modello che ancora manca, per compiere quel salto di qualità che è alla base di ogni civiltà e che ha a che fare con la cultura, con la storia e l’identità dei popoli e dei luoghi, offrendoci prospettive e visioni capaci di proiettare il nostro immaginario verso mondi più umani e sostenibili. Non perfetti, certo, ma tendenti ad un equilibrio dove tutti possano trovarvi dignità.
Ecco dunque che giunge il momento – dopo aver ascoltato tanti virologi, politici, sociologi ed analisti – di dare voce agli artisti, di ascoltare le loro parole, di lasciarsi sedurre dai loro pensieri, di condividere i loro sentimenti e di abbracciare la loro visione del mondo, che sicuramente sarà poetica, ma non per questo meno necessaria, meno urgente e meno salvifica.
L’occasione ci è dunque offerta da Hangartfest che con il ciclo Conversazioni a distanza ha già iniziato a dar voce a Marta Bevilacqua, coreografa ospite del festival, in dialogo con il critico Silvia Poletti, e che adesso continua con i coreografi e performer marchigiani. Abbiamo chiamato gli artisti legati a questo territorio perché – spiega Cioffi – le Marche sono il luogo del nostro agire quotidiano, sono il punto di partenza per la generazione di un pensiero che tenda ad un processo di trasformazione condiviso e, speriamo, anche utile alla Comunità.