“Azienda tra famiglia e Management”: un convegno a Fano per dare risposte concrete

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FANO – “Azienda tra famiglia e Management”: questo il nome del convegno svoltosi ieri pomeriggio a Palazzo San Michele in Fano. Un convegno incentrato sul “passaggio generazionale all’interno delle aziende con illustri relatori che introdurranno spunti per raggiungere una sintesi concreta sul tema”: così ha introdotto Jacopo Frattini, Presidente del Centro studi Economia e Territorio, che ha ceduto nell’immediato la parola al primo speaker Vincenzo Borchia, Area Manager Marche Fineco Bank Spa.

Con dati Istat proiettati in slide, Borchia ha mostrato come da qui a 40/50 anni il trend demografico registrerà un rialzo degli ultra 65enni in accompagnamento a un’evoluzione della famiglia che implicherà un aumento delle persone single e di coppie senza figli. In conclusione, ha commentato dalle slides, “si avrà una ripartizione della ricchezza concentrata sui sessantacinquenni o settantenni che maggiormente sono ancorati ai retaggi del passato ostruttivi di trasmissione e innovazione.

“In passato i titoli di stato rendevano, la pensione Inps era certa e tutto convergeva in un modus operandi che oggi ha necessità di aggiornarsi con tre passaggi”, suggerisce Borchia. “Occorre proteggere il patrimonio con strumenti giuridici in esempio il patto di famiglia, trust ecc., occorre rispondere alle nuove esigenze sociali come le unioni civili e occorre trasmettere il patrimonio che altrimenti incombe nel rischio di non superare il terzo passaggio generazionale come avviene tuttora con un tasso di sopravvivenza pari al 10% delle aziende familiari, dice, tenendo in considerazione che in Italia l’aliquota di successione è pari al 4%, dunque più bassa in raffronto a Francia, Belgio, Germania.

Ironicamente lancia un riferimento alla novella “La Roba” di Giovanni Verga edita nel 1880 in cui Mazzarò, arricchito contadino ossessivo dei suoi beni materiali, giunto il momento di separarsene perché in punto di morte, “andava ammazzando a colpi di bastone le sue anitre e i suoi tacchini”, al grido di “Roba mia, vientene con me!”. Di seguito la parola è stata ceduta al Consigliere Regionale delle Marche Mirco Carloni, con cattedra all’Università di Pisa, che ha affermato da subito come il modello marchigiano definito “eccezionale” da Foa e che ha profondamente contraddistinto negli anni 70 anni le Marche, sia andato profondamente in crisi negli ultimi trenta anni perché incapace di fronteggiare la morsa della globalizzazione.

“Le 150.000 imprese marchigiane a conduzione familiare hanno giocato sul vantaggio di un basso livello di indebitamento, sulla presenza di forze fidate ma le nuove esigenze di mercato implicanti la necessità di innovazione hanno portato a soffrire questi contests aziendali perché scarsi di una visione strategica e di una cultura manageriale e finanziaria e solo con l’ingresso di un management esterno si potrebbe arrecare beneficio e colmare quel gap che manca alle aziende familiari afferma Carloni.

Proprio a ragion veduta del noto proverbio secondo cui “l’esperienza è nemica dell’innovazione”, sostiene il consigliere, la sfida che si pone è quella di convertire il modello familiare in uno aggiornato che abbia coraggio di aprirsi a nuovi ingressi e in questo l’università svolge un ruolo molto importante nel formare ruoli professionali che possano lavorare nel posto senza uscire dal proprio territorio, conclude.

Terzo illustre relatore di alto livello è stato il professore Tonino Pencarelli dell’Università degli Studi “Carlo Bo” di Urbino, che con una carrellata di concetti in proiezione ha analizzato e puntualizzato le caratteristiche delle imprese familiari nei loro vantaggi e svantaggi giungendo ad una conclusione analoga ai precedenti professionisti in relazione. “Il capitalismo molecolare tradizionale presenta delle forti criticità poiché con l’invecchiamento delle persone facenti parte, invecchiano anche le competenze e questo processo non può che inibire la crescita dell’impresa risultando un asset dannoso all’innovazione”, afferma.

Servono invece nuovi capitali, nuovi strumenti, un investimento nei giovani talenti e nel capitale intellettuale e relazionale per sovvertire al problema di perpetuare “famiglie ricche e imprese povere” vincolate in un imprigionamento culturale su vecchi modelli di business che fanno scarsamente ricorso a manager esterni e che qualora li impieghino, raccomanda, permettano ad essi di avere azione di responsabilità non limitata a una scarsa fiducia attribuita.

Due imprese su tre non superano il primo passaggio generazionale con il 70% di mortalità mentre poche sono le aziende ultracentenarie. Le sfide per le imprese familiari delle Marche si riassumono dunque, delinea Pencarelli, nel prendere consapevolezza di acquisire nuove competenze manageriali e nuove risorse anche fuori dal perimetro della famiglia qualora all’interno non fossero presenti, programmare con largo anticipo la transazione ossia il cambiamento anche degli assetti di governance e avvalersi di consulenti se non si riesce a fare chiarezza e a gestire il cambiamento.

In coda, la testimonianza diretta di chi lavora in una impresa di famiglia di grandi dimensioni e ha dovuto fronteggiare il problema di inserire o meno un management esterno. Silvia Paci di Profilglass è entrata in azienda con una laurea in Ingegneria Gestionale quando il padre, racconta, aveva necessità di coprire una posizione in controllo di gestione. Anche la sorella e il fratello sono attivi in azienda ma hanno deciso in maniera concorde e condivisa da tutti i livelli di inserire un direttore generale esterno di cui sono pienamente soddisfatti tutt’oggi.

“Il fatto di optare per una persona esterna in un ruolo di così forte comando – ha spiegato Silvia Paci – è dovuto al bisogno di confrontarsi, di avere un supporto e nasce in risposta alla consapevolezza di avere a che fare con un’azienda che necessita una struttura”. Profligass è operativa nel territorio marchigiano dal 1982, leader nella produzione mondiale di alluminio con uno stabile di oltre 250.000 metri quadrati, 900 persone in organico e 85 Paesi di esportazione

“Nell’ultimo anno – ha aggiunto Silvia Paci – abbiamo assunto oltre 100 persone di cui molti laureati i quali sono andati a intersecarsi con la forza lavoro presente da ormai trenta anni in azienda e credo sia in questo il valore aggiunto: unire l’esperienza con figure fresche che offrono l’opportunità di un confronto e dunque se la famiglia capisce questa esigenza di sapersi adattare, di sapersi evolvere inserendo figure esterne si può permettere all’azienda di vincere le sfide del mercato. Io stessa lavoro con dei collaboratori che hanno piena responsabilità nelle loro funzioni al fine di migliorare la professionalità di ciascuno”. La sfida, sintetizza, sta nel rispondere con flessibilità alle esigenze del mercato con figure esterne e di consulenza importanti per creare sinergie.

Frattini riprende con nota conclusiva le redini del convegno fornendo una sintesi e un rimando concreto: “Innovazione e competenza sono, dunque come abbiamo visto, le due parole chiavi”. Solo il 25 % delle aziende familiari supera il primo passaggio generazionale mentre solo il 15% supera il secondo. Occorre perciò permettere l’ingresso di figure manageriali, delegando e permettendo che nuove conoscenze entrino in azienda e diventino competenze in maniera meritocratica e con spazio e tranquillità psicologica, conclude Frattini porgendo i ringraziamenti a una gremita platea di commercialisti e interessati.

Monica Baldini